Sant’Antonio di Briave
Sant’Antonio di Briave
Tra due montagne, Monte Mannu e Su Montigheddu, si trova la chiesa di Sant’Antonio Abate, sino al XIX secolo conosciuta come Sant’Antonio de su crastu ruttu (del masso caduto). Localmente detta in Bore, è nel sito campestre di una necropoli romana che ci ha restituito numerosi reperti archeologici. La regione conserva il toponimo Briai, riferibile alla villa Briave spopolata entro la fine del XVI secolo.
Essendo la Sardegna una terra con un’economia essenzialmente agro-pastorale, il culto del santo monaco, tradizionale patrono dei lavoratori della campagna, ebbe una diffusione vastissima. Non c’è quindi da stupirsi che dopo l’abbandono di Briave la chiesetta del santo sia stata mantenuta attiva. È altresì probabile che furono proprio gli abitanti del villaggio a coinvolgere gli abitanti dei territori circostanti nella festa annuale di Sant’Antonio.
La struttura architettonica suggerisce di basarsi sul taglio del portale lunettato per una cronologia proposta alla seconda metà del XII secolo.
L’impianto costruttivo è caratterizzato da una sola navata coperta da una volta a botte, la quale probabilmente andò a sostituire una copertura lignea ascrivibile a maestranze di educazione toscana attive nel giudicato turritano e in particolare nella curatoria di Coros nella seconda metà del XII secolo. La struttura è in conci di medio formato, taglaiti nell’arenaria tufacea locale. Il telaio è costituito da zoccolo piatto, larghe paraste d’angolo e archetti monolitici con ghiera semicircolare tagliata a filo. I paramenti non sono partiti da lesene, risultando perciò completamente lisci. In cima si trova una croce monolitica grezza, e, sul lato meridionale, ci sono due porte, anche se entrambe sono murate al momento.