1. Il Romanico

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Con il termine romanico si indica l’insieme delle espressioni artistiche che furono prodotte nell’Occidente cristiano tra gli inizi dell’XI secolo e la metà del XII secolo ma in alcuni casi, come quello della Sardegna, anche alquanto oltre questa data.

La parola “romanico” fu impiegata per la prima volta dallo studioso francese Arcisse de Caumontnel nel 1824 per indicare l’arte di quel periodo al fine di sottolinearne i chiari riferimenti all’arte dell’antica Roma che, del resto, si era mantenuta come un ideale punto di riferimento per l’intera cultura europea.

Nella fiorente produzione artistica e architettonica romanica si coglie, infatti, per la prima volta dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente (476 d.C.), una reale aspirazione unitaria della cultura, individuata nell’utilizzo di caratteri stilistici ricorrenti e basilari che configurano il Romanico come un linguaggio internazionale interpretato tuttavia in modo originale nei diversi contesti nei quali si dispiegò.

Si trattava di contesti comunque tutti animati dalla convinzione che la vita fosse condizionata dal divino e che l’arte dovesse porsi al servizio di Dio.

L’impotenza dell’uomo dinanzi alle frequenti calamità naturali condizionò la mentalità dell’epoca, inducendo i fedeli ad attribuire a Dio l’origine di ogni evento.

Questo approccio segnò marcatamente l’intera cultura medievale.

Dipinti e sculture servivano alla Chiesa per informare e formare.

Per questa ragione, la dimensione ideologica e la funzione didattica prevalsero a lungo sui valori propriamente estetici.

I temi biblici del Vecchio e del Nuovo Testamento, illustrati sui portali di chiese e cattedrali, vollero essere edificanti per il fedele e soprattutto chiari ed efficaci.

Nessuna scena scolpita e nessuna semplice figura furono concepite con funzione puramente decorativa.

Tutto concorse a svelare verità di fede.

Chi si immergeva nella penombra di una chiesa romanica iniziava un viaggio ideale dentro un mondo popolato da mostruose figure di pietra che lo attraevano e lo atterrivano allo stesso tempo.

Grazie alle opere d’arte, il fedele poteva percepire quasi fisicamente la presenza di Dio ma anche di Satana. Da quest’ultimo doveva imparare a difendersi nella vita di tutti i giorni.

I capitelli delle colonne, spesso tutti diversi fra di loro, le cornici e le altre membrature architettoniche ospitavano demoni orrendi ma anche animali immaginari, uomini deformi, ibridi con il busto umano e il corpo di pesce o di uccello: figure che l’originaria policromia contribuiva a rendere ancora più credibili e come tali terrorizzanti.

Il valore didattico e moraleggiante di tali opere d’arte, sostenuto dall’ossessione tipicamente medievale per il peccato, giustificava la presenza nei luoghi sacri di figure così aggressive, contorte e tormentate, che alimentavano la paura della morte, dell’Inferno e di Dio.

Tutto ciò finì per dare al romanico un carattere austero e rigoroso e per certi versi perfino cupo; un carattere che si fece ben visibile nell’architettura della cattedrale, che si offre ai nostri occhi come uno spazio articolato e dinamico.

La sua ossatura muraria, costituita da volte massicce sostenute da robusti pilastri, è infatti una soluzione strutturale capace di creare una particolarissima forma spaziale possente, avvolgente e protettiva.

Le potenti strutture della cattedrale romanica offrono effetti visivi, chiaroscurali e prospettici che fanno dell’edificio ecclesiastico la “fortezza di Dio”, Signore del Creato, nella cui dimora ci si rifugiava per cercare la salvezza della propria anima.

Robuste, maestose navate si innalzavano a gloria di Dio e raffinate sculture stavano appollaiate come in reconditi nidi d’aquila nelle sommità di volte e portali a testimoniare la Sua grandezza.

Non era immaginabile infatti una cattedrale che non fosse abitata da una miriade di personaggi, di storie e di sogni cavati dalla pietra, in modo che l’edifico sembrasse germogliare in ogni sua parte di una pulsante vitalità.

i realizzava così una precisa politica culturale e la chiesa romanica si faceva libro di pietra dove potevano istruirsi i più umili, diveniva una Bibbia per immagini che parlavano con una voce intesa da tutti.

E quella era la loro casa, allo stesso diritto con cui era la casa di Dio.

Per queste ragioni la cattedrale era l’edificio più autorevole e ammirato di ogni città e anzi fu il simbolo per eccellenza della società medievale, il monumento che più di altri era simbolo della comunità urbana ed espressione della collettività.

Non a caso, se la chiesa bizantina era stata uno spazio che ispirava la contemplazione, la cattedrale romanica venne destinata a molteplici funzioni.

Fu un luogo di culto ma anche luogo protetto in cui i cittadini si riunivano in assemblea per pregare e discutere dei problemi della città.

Fu monumento civico, destinato ad accogliere le spoglie degli uomini più illustri.

Fu anche presidio fortificato, e la popolazione poté trovarvi rifugio nei momenti di maggior pericolo.

Anche per questa ragione l’evoluzione della struttura della cattedrale romanica partì dall’abbandono dei tetti in legno in favore delle più complesse coperture di pietra che, per quanto più onerose e difficili da realizzare, garantivano una maggiore protezione dagli incendi e una minore manutenzione.

Inoltre, una cattedrale realizzata completamente in pietra perdeva la semplice connotazione di “aula magna” per acquisire prerogative più suggestive e autorevoli.

Un edificio interamente lapideo è, in sé stesso, una costruzione imponente, ricca di forza e dunque altamente simbolica. Le cattedrali, in particolare, si innalzavano come sintesi e simbolo della concezione della vita, degli ideali, delle capacità nuove dell’uomo del medioevo. 

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