Le chiese romaniche mostrano un rapporto privilegiato col paesaggio, inteso sempre come parte integrante del progetto architettonico.
La collocazione della chiesa di Sant’Antioco di Bisarcio, in posizione dominante su un’altura a qualche chilometro dal centro abitato di Ozieri, è un’esplicita conferma di questo carattere.
Realizzata in pietra vulcanica locale, è una delle chiese romaniche più grandi dell’isola.
La sua imponenza si riconduce alla funzione di cattedrale della diocesi di Bisarcio, documentata tra il 1065 e il 1503.
L’edificio attuale, trinavato con abside a est, appare il risultato di tre fasi edilizie:
la prima, dell’XI secolo, è ancora in parte visibile nella muratura del lato sud; dopo un incendio attestato dalle fonti, nella seconda metà del XII secolo il vescovo Giovanni Thelle fece ricostruire la chiesa, come conferma un’epigrafe datata al 1164 e graffita nell’abside; nella terza fase, del XIII secolo, fu aggiunto un portico ricomposto poi in età spagnola dopo un parziale crollo.
La copertura della navata centrale è in legno, mentre quella delle navate laterali è realizzata con volte a crociera.
Notevoli sono le decorazioni fitomorfe dei capitelli e delle basi delle colonne che sorreggono le arcate dei setti divisori.
L’abside, opera di maestranze di scuola pisana attive in Sardegna nel XII secolo, è suddivisa in cinque specchi da semicolonne con capitello vegetale e arcatelle con losanghe incorniciate.
Il portico al piano terra ha sei campate con volte a crociera sorrette da pilastri cruciformi; il piano superiore dell’avancorpo, al quale si accede tramite una scala nel fianco sud, è articolato in tre ambienti voltati a botte, di pertinenza del vescovo. L’esterno è segnato, nel primo ordine, da tre arcate e nel secondo da una serie di archetti a ogiva.
Sul lato meridionale l’imponente campanile a canna quadrangolare, con la parte superiore abbattuta da un fulmine.
Ammirando questa chiesa così scenografica e maestosa rimaniamo affascinati anche dall’incantevole panorama che la circonda
DESCRIZIONE:
La chiesa di Sant’Antioco di Bisarcio domina dall’alto l’incantevole paesaggio di Ozieri.
Costruita con pietra vulcanica locale, è una delle più grandi chiese romaniche dell’Isola.
Ha avuto la funzione di cattedrale della diocesi di Bisarcio (tra il 1065 e il 1503).
La sua costruzione avvenne in tre fasi tra l’XI e il XIII secolo.
All’interno si osservano notevoli dettagli decorativi, come i capitelli con forme vegetali e un’abside realizzata da maestranze di scuola pisana.
La facciata ha tre arcate nel primo ordine e archetti a sesto acuto nel secondo.
Il campanile a canna quadrangolare, anche se danneggiato da un fulmine, è ancora imponente.
NARRAZIONE:Le chiese romaniche mostrano un rapporto privilegiato col paesaggio, inteso sempre come parte integrante del progetto architettonico.
La collocazione della chiesa di Sant’Antioco di Bisarcio, in posizione dominante su un’altura a qualche chilometro dal centro abitato di Ozieri, è un’esplicita conferma di questo carattere.
Realizzata in pietra vulcanica locale, è una delle chiese romaniche più grandi dell’isola.
La sua imponenza si riconduce alla funzione di cattedrale della diocesi di Bisarcio, documentata tra il 1065 e il 1503.
L’edificio attuale, trinavato con abside a est, appare il risultato di tre fasi edilizie:
la prima, dell’XI secolo, è ancora in parte visibile nella muratura del lato sud; dopo un incendio attestato dalle fonti, nella seconda metà del XII secolo il vescovo Giovanni Thelle fece ricostruire la chiesa, come conferma un’epigrafe datata al 1164 e graffita nell’abside; nella terza fase, del XIII secolo, fu aggiunto un portico ricomposto poi in età spagnola dopo un parziale crollo.
La copertura della navata centrale è in legno, mentre quella delle navate laterali è realizzata con volte a crociera.
Notevoli sono le decorazioni fitomorfe dei capitelli e delle basi delle colonne che sorreggono le arcate dei setti divisori.
L’abside, opera di maestranze di scuola pisana attive in Sardegna nel XII secolo, è suddivisa in cinque specchi da semicolonne con capitello vegetale e arcatelle con losanghe incorniciate.
Il portico al piano terra ha sei campate con volte a crociera sorrette da pilastri cruciformi; il piano superiore dell’avancorpo, al quale si accede tramite una scala nel fianco sud, è articolato in tre ambienti voltati a botte, di pertinenza del vescovo.
L’esterno è segnato, nel primo ordine, da tre arcate e nel secondo da una serie di archetti a ogiva.
Sul lato meridionale l’imponente campanile a canna quadrangolare, con la parte superiore abbattuta da un fulmine.
Ammirando questa chiesa così scenografica e maestosa rimaniamo affascinati anche dall’incantevole panorama che la circonda
VIRTUAL TOUR: BIBLIOGRAFIA:V. Angius, voce “Bisarcio”, in Goffredo Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, II, Torino, G. Maspero, 1834, pp. 336-337;
G. Spano, “Chiesa e cattedrale dell’antica Bisarchio”, in Bullettino Archeologico Sardo, VI, 1860, pp. 81-91;
D. Scano, Storia dell’arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari, Montorsi, 1907, pp. 200-211;
R. Delogu, L’architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 76, 121-125;
F. Amadu, La diocesi medioevale di Bisarcio, Cagliari, Fossataro, 1963, pp. 11-40;
R. Serra, La Sardegna, collana “Italia romanica”, Milano, Jaca Book, 1989, pp. 262-270;
R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 19;
F. Poli, “La decorazione scultorea del Sant’Antioco di Bisarcio. Nuovi dati per vecchie attribuzioni”, in Sacer, n. 6, 1999, pp. 167-199;
G. Piras, “Le iscrizioni funerarie medievali della basilica di San Gavino: contributi preliminari per una rilettura”, in Il Regno di Torres 2. Atti di Spazio e Suono 1995-1997, Sassari, 2003, pp. 302-342;
R. Coroneo-R. Serra, Sardegna preromanica e romanica, collana “Patrimonio artistico italiano”, Milano, Jaca Book, 2004, pp. 157-166;
M.M. Tola, Ozieri. La Basilica di Sant’Antioco di Bisarcio, Sassari, Carlo Delfino editore, 2017.