Siligo, Chiesa Santa Maria di Bubalis

Accade spesso che edifici e strutture antiche vengano riutilizzate o, a volte,  addirittura smontate interamente per recuperare materiale da costruzione da impiegare per nuovi edifici: è il fenomeno del ‘riuso’, una delle manifestazioni più tipiche del processo di continua trasformazione che caratterizza la vita e quindi anche le culture umane.

La chiesa di Santa Maria di Mesumundu ci offre una testimonianza indicativa in tal senso, perché è stata edificata sui ruderi di antiche terme romane di età tardoimperiale.

Ma l’edificio presenta anche altri elementi di originalità sia nell’impianto planimetrico sia nell’impiego della tecnica costruttiva ad opus listatum, realizzata con l’alternanza di filari in mattoni rossi e filari di pietre in basalto.

L’impiego di questa tecnica muraria può essere considerata la prova di un’origine bizantina dell’edificio, come certificano anche le sepolture rinvenute nei dintorni.

Il rinvenimento di un’iscrizione del VII secolo fornisce un termine cronologico significativo per la datazione dell’impianto originario.

Si ritiene certa l’identificazione di questa chiesa con quella di Santa Maria di Bubalis, donata all’abbazia di Montecassino, nel 1065, dal giudice turritano Torchitorio Barisone I de Lacon-Gunale.

All’età giudicale risale un ampliamento della struttura, con la realizzazione delle absidi in conci basaltici e l’entradosso rientrante rispetto al filo d’imposta.

La planimetria della chiesa è vagamente cruciforme: l’effetto è ottenuto dal raccordo tra quattro corpi di fabbrica di forma diversa e una rotonda centrale di altezza superiore.

Una piccola abside si apre nel muro est del braccio nord-est; altre due absidi, di differenti dimensioni,  si aprono a nord-est e a sud-ovest.

L’impiego in alcuni tratti murari della tecnica “a sacco” è riferibile alle opere databili all’XI secolo. Ad epoche diverse vanno infine ricondotte le grandi luci aperte sul lato sud-ovest e la monofora presente sul vano nord.

L’originalità di questo luogo di culto sorprende ogni volta che lo si guarda.



DESCRIZIONE:

L’edificio, conosciuto anche come “Terme di Mesumundu” è stato costruito sui resti di antiche terme romane (età tardo imperiale) che utilizzavano la vicina sorgente di S’Abba Uddi.

La chiesa risale all’età bizantina, lo testimonia l’utilizzo di una tecnica costruttiva (ad opus listatum) che mostra filari alterni di mattone cotto di colore rosso e pietre in basalto.

L’edificio è stato modificato nel 1065 quando il giudice Torchitorio Barisone I de Lacon-Gunale ne fece dono ai benedettini di Montecassino.

NARRAZIONE:

Accade spesso che edifici e strutture antiche vengano riutilizzate o, a volte,  addirittura smontate interamente per recuperare materiale da costruzione da impiegare per nuovi edifici: è il fenomeno del ‘riuso’, una delle manifestazioni più tipiche del processo di continua trasformazione che caratterizza la vita e quindi anche le culture umane. 

La chiesa di Santa Maria di Mesumundu ci offre una testimonianza indicativa in tal senso, perché è stata edificata sui ruderi di antiche terme romane di età tardoimperiale. 

Ma l’edificio presenta anche altri elementi di originalità sia nell’impianto planimetrico sia nell’impiego della tecnica costruttiva ad opus listatum, realizzata con l’alternanza di filari in mattoni rossi e filari di pietre in basalto. 

L’impiego di questa tecnica muraria può essere considerata la prova di un’origine bizantina dell’edificio, come certificano anche le sepolture rinvenute nei dintorni. 

Il rinvenimento di un’iscrizione del VII secolo fornisce un termine cronologico significativo per la datazione dell’impianto originario. 

Si ritiene certa l’identificazione di questa chiesa con quella di Santa Maria di Bubalis, donata all’abbazia di Montecassino, nel 1065, dal giudice turritano Torchitorio Barisone I de Lacon-Gunale. 

All’età giudicale risale un ampliamento della struttura, con la realizzazione delle absidi in conci basaltici e l’entradosso rientrante rispetto al filo d’imposta. 

La planimetria della chiesa è vagamente cruciforme: l’effetto è ottenuto dal raccordo tra quattro corpi di fabbrica di forma diversa e una rotonda centrale di altezza superiore. 

Una piccola abside si apre nel muro est del braccio nord-est; altre due absidi, di differenti dimensioni,  si aprono a nord-est e a sud-ovest. 

L’impiego in alcuni tratti murari della tecnica “a sacco” è riferibile alle opere databili all’XI secolo. Ad epoche diverse vanno infine ricondotte le grandi luci aperte sul lato sud-ovest e la monofora presente sul vano nord. 

L’originalità di questo luogo di culto sorprende ogni volta che lo si guarda.

BIBLIOGRAFIA:

D. Scano, Storia dell’arte in Sardegna dal XI al XIV secolo, Cagliari-Sassari, Montorsi, 1907, pp. 217-221;

R. Delogu, L’architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 82;

G. Maetzke, “Siligo (Sassari). Resti di edificio romano e tombe di epoca tardo imperiale attorno a Santa Maria di Mesumundu”, in Notizie degli Scavi di Antichità, XIX, 1965, pp. 307-314;

R. Caprara, “Tarda Antichità e Medioevo”, in Il Museo Sanna in Sassari, Cinisello Balsamo, Amilcare Pizzi, 1986, pp. 169-184;

R. Caprara, “L’età altomedievale nel territorio del Logudoro Meilogu”, in Il Nuraghe Santu Antine nel Logudoro Meilogu, Roma, 1988, pp. 397-432;

R. Serra, La Sardegna, collana “Italia romanica”, Milano, Jaca Book, 1989, pp. 402-403;

R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 31;

A. Teatini, “Alcune osservazioni sulla primitiva forma architettonica della chiesa di Nostra Signora di Mesumundu a Siligo (Sassari)”, in Sacer, III, 1996, pp. 119-149;

R. Coroneo-R. Serra, Sardegna preromanica e romanica, collana “Patrimonio artistico italiano”, Milano, Jaca Book, 2004, pp. 345-347;

R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico-culturali, Cagliari, AV, 2005, pp. 39-40.

MAPPA:Array
Torna in alto