Sindia, Abbazia Cistercense Nostra Signora di Corte

Nel nostro viaggio alla scoperta delle chiese romaniche, l’acqua può rivelarsi una guida preziosa nell’indirizzare i nostri passi.

È così che arriviamo alla chiesa di Santa Maria di Corte, edificata nel sito campestre di “Cabu abbas” o “Caput aquae”, il cui nome deriva proprio dalle numerose fonti d’acqua che lo caratterizzano.

L’attributo “de Corte” è invece testimonianza dell’origine della chiesa.

Dal “Libellus Judicum Turritanorum”, cronaca in volgare logudorese del XIII secolo che tramanda notizie della storia isolana, apprendiamo infatti che il ‘giudice’ di Torres Gonario de Lacon-Gunale incontrò Bernardo di Chiaravalle durante il suo di pellegrinaggio in Terrasanta e in quell’occasione si accordarono per l’invio in Sardegna di una comunità monastica cistercense.

L’impegno si concretizzò con la costruzione della chiesa e del monastero nel 1149. L’edificio attuale venne invece edificato intorno al 1600.

Indagini stratigrafiche hanno consentito di ritrovare le tracce relative all’abbazia e al complesso monastico originari, in stato di abbandono già nel XV secolo e poi fatti oggetto di spoliazione per recuperare il materiale da costruzione.

La chiesa presentava una planimetria con aula a tre navate e croce “commissa”.

Sul transetto si affacciavano un’abside quadrangolare, ancora esistente, e quattro cappelle, due per lato, coperte con volta a botte e illuminate da una monofora ciascuna.

L’illuminazione del transetto era affidata a un oculo circolare in forma di croce di luce, posto in asse col pilastro mediano nel muro di affaccio delle due cappelle.



DESCRIZIONE:

La chiesa si trova in un luogo ricco di fonti d’acqua noto come “Cabu abbas” o “Caput aquae”.

L’abbazia prende il nome dall’incontro tra il giudice di Torres Gonario de Lacon-Gunale e Bernardo di Chiaravalle durante un pellegrinaggio in Terrasanta, che portò alla creazione di una comunità monastica cistercense in Sardegna e alla costruzione della chiesa nel 1149.

L’edificio attuale risale al 1600, mentre le indagini archeologiche hanno rivelato tracce dell’abbazia originale, abbandonata nel XV secolo e saccheggiata per materiali da costruzione.

La chiesa aveva una struttura a tre navate con un transetto, un’abside quadrangolare, quattro cappelle e un oculo circolare che illuminava il transetto.

NARRAZIONE:

Nel nostro viaggio alla scoperta delle chiese romaniche, l’acqua può rivelarsi una guida preziosa nell’indirizzare i nostri passi. 

È così che arriviamo alla chiesa di Santa Maria di Corte, edificata nel sito campestre di “Cabu abbas” o “Caput aquae”, il cui nome deriva proprio dalle numerose fonti d’acqua che lo caratterizzano. 

L’attributo “de Corte” è invece testimonianza dell’origine della chiesa. 

Dal “Libellus Judicum Turritanorum”, cronaca in volgare logudorese del XIII secolo che tramanda notizie della storia isolana, apprendiamo infatti che il ‘giudice’ di Torres Gonario de Lacon-Gunale incontrò Bernardo di Chiaravalle durante il suo di pellegrinaggio in Terrasanta e in quell’occasione si accordarono per l’invio in Sardegna di una comunità monastica cistercense. 

L’impegno si concretizzò con la costruzione della chiesa e del monastero nel 1149. L’edificio attuale venne invece edificato intorno al 1600. 

Indagini stratigrafiche hanno consentito di ritrovare le tracce relative all’abbazia e al complesso monastico originari, in stato di abbandono già nel XV secolo e poi fatti oggetto di spoliazione per recuperare il materiale da costruzione. 

La chiesa presentava una planimetria con aula a tre navate e croce “commissa”. 

Sul transetto si affacciavano un’abside quadrangolare, ancora esistente, e quattro cappelle, due per lato, coperte con volta a botte e illuminate da una monofora ciascuna. 

L’illuminazione del transetto era affidata a un oculo circolare in forma di croce di luce, posto in asse col pilastro mediano nel muro di affaccio delle due cappelle. 

BIBLIOGRAFIA:

V. Angius, “Sassari”, in G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, XVIII, Torino, G. Maspero, 1849, p. 325;

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R. Delogu, L’architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 137-140;

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G. Masia, L’abbazia di Cabuabbas di Sindia (1149) e il suo influsso spirituale e sociale nei secoli XII e XIII, Sassari, Tipografia Artigiana Sassarese, 1982;

M. Righetti Tosti Croce, “Architettura monastica: gli edifici. Linee per una storia architettonica”, in Dall’eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, Milano, Scheiwiller, 1987, pp. 486-575;

R. Serra, La Sardegna, collana “Italia romanica”, Milano, Jaca Book, 1989, pp. 414-416;

A. Casula, “Testimonianze dell’architettura cistercense nella Sardegna settentrionale”, in I Cistercensi in Sardegna. Aspetti e problemi di un Ordine monastico benedettino nella Sardegna medioevale, a cura di G. Spiga, Nuoro, Amministrazione provinciale di Nuoro, 1990, pp. 224-226; R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 56;

R. Coroneo-R. Serra, Sardegna preromanica e romanica, collana “Patrimonio artistico italiano”, Milano, Jaca Book, 2004, pp. 275-277;

R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico-culturali, Cagliari, AV, 2005, pp. 57-58.

INDIRIZZO:SS 129 bis, strada per Cabuabbas - 08018 Sindia - località Cabuabbas  MAPPA:Array
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