Uri, Chiesa di Santa Croce

I nomi sono scrigni di memoria che svelano le storie che li hanno generati e offrono, a chi li interroga, la preziosa opportunità di sentirsene partecipi.

È ciò che accade a Uri, interrogandosi sulla parola ‘paùlis’ associata al nome di Nostra Signora, a cui questa chiesa è dedicata. 

Il termine sardo ‘paulis’, derivante dal latino ‘paludis’, che era appunto l’originario toponimo del luogo, designa ancora oggi molti abitati della Sardegna, retaggio di un lungo periodo in cui molti territori dell’isola erano paludosi e malsani. 

L’abbazia di Nostra Signora di Paulis fu creata nel 1205, in seguito a una donazione da parte del Re di Torres Còmita II ai Benedettini cistercensi, e restò in attività come comunità monastica fino al XV secolo. 

Nostra Signora di Paulis è sorta lungo il tracciato di una strada romana, poi detta “s’istrada de sos Padres” poiché collegava quest’abbazia a quella, pure cistercense, di Santa Maria di Corte in territorio di Sindia. 

La struttura in calcare mostra evidenti connotati riconducibili all’azione delle maestranze cistercensi operanti in Sardegna fra XII e XIII secolo.

Del complesso originale, soggetto a progressivo degrado e restaurato più volte, si conservano resti, ormai ridotti a rudere, del chiostro e di alcuni ambienti del convento adiacente all’abbazia, visibili intorno all’edificio principale.

La pianta della chiesa era a croce “commissa”, suddivisa in tre navate scandite da arcate su pilastri e transetto poco sporgente sul quale si innestavano l’abside a pianta quadrata e due cappelle, una per ciascun lato. 

Gli ambienti presentavano una copertura con volte a botte. Nell’abside orientata a est si apriva, nel lato sud, una finestra a croce latina, mentre nel lato est del coro si trovavano, come un richiamo alla Trinità, una bifora sovrastata da una monofora in cui si collocava una formella con croce greca.

Ci allontaniamo da questo edificio così segnato dal tempo, immaginandolo nel suo passato splendore.



NARRAZIONE:

I nomi sono scrigni di memoria che svelano le storie che li hanno generati e offrono, a chi li interroga, la preziosa opportunità di sentirsene partecipi. È ciò che accade a Uri, interrogandosi sulla parola ‘paùlis’ associata al nome di Nostra Signora, a cui questa chiesa è dedicata. 

Il termine sardo ‘paulis’, derivante dal latino ‘paludis’, che era appunto l’originario toponimo del luogo, designa ancora oggi molti abitati della Sardegna, retaggio di un lungo periodo in cui molti territori dell’isola erano paludosi e malsani. 

L’abbazia di Nostra Signora di Paulis fu creata nel 1205, in seguito a una donazione da parte del Re di Torres Còmita II ai Benedettini cistercensi, e restò in attività come comunità monastica fino al XV secolo. 

Nostra Signora di Paulis è sorta lungo il tracciato di una strada romana, poi detta “s’istrada de sos Padres” poiché collegava quest’abbazia a quella, pure cistercense, di Santa Maria di Corte in territorio di Sindia. 

La struttura in calcare mostra evidenti connotati riconducibili all’azione delle maestranze cistercensi operanti in Sardegna fra XII e XIII secolo.

Del complesso originale, soggetto a progressivo degrado e restaurato più volte, si conservano resti, ormai ridotti a rudere, del chiostro e di alcuni ambienti del convento adiacente all’abbazia, visibili intorno all’edificio principale.

La pianta della chiesa era a croce “commissa”, suddivisa in tre navate scandite da arcate su pilastri e transetto poco sporgente sul quale si innestavano l’abside a pianta quadrata e due cappelle, una per ciascun lato. 

Gli ambienti presentavano una copertura con volte a botte. Nell’abside orientata a est si apriva, nel lato sud, una finestra a croce latina, mentre nel lato est del coro si trovavano, come un richiamo alla Trinità, una bifora sovrastata da una monofora in cui si collocava una formella con croce greca.

Ci allontaniamo da questo edificio così segnato dal tempo, immaginandolo nel suo passato splendore.

BIBLIOGRAFIA:

V. Angius, “Iteri-Cannedu”, in G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, VIII, Torino, G. Maspero, 1841, pp. 562-568;
V. Angius, “Sassari”, in G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, XIX, Torino, G. Maspero, 1849, pp. 71-375;
R. Delogu, “Architetture cistercensi della Sardegna”, in Studi Sardi, VIII, 1948, pp. 99-131;
R. Delogu, L’architettura del Medioevo in Sardegna, Roma, La Libreria dello Stato, 1953, pp. 141-143;
G. Zanetti, “I cistercensi in Sardegna, Le abbazie di S. Maria di Corte, di Paulis e di Coros”, in Archivio Storico Sardo di Sassari, II, 1976, pp. 18-20;
R. Serra, La Sardegna, collana “Italia romanica”, Milano, Jaca Book, 1989, pp. 418-419;
M.C. Cannas, “Decorazioni scultoree nelle chiese cistercensi della Sardegna”, in I Cistercensi in Sardegna. Aspetti e problemi di un Ordine monastico benedettino nella Sardegna medioevale, a cura di G. Spiga, Nuoro, Ammnistrazione provinciale di Nuoro, 1990, pp. 245-277;
A. Casula, “Testimonianze dell’architettura cistercense nella Sardegna settentrionale”, in I Cistercensi in Sardegna. Aspetti e problemi di un Ordine monastico benedettino nella Sardegna medioevale, a cura di G. Spiga, Nuoro, Amministrazione provinciale di Nuoro, 1990, pp. 223-243; R. Coroneo, Architettura romanica dalla metà del Mille al primo ‘300, collana “Storia dell’arte in Sardegna”, Nuoro, Ilisso, 1993, sch. 59;
R. Coroneo, Chiese romaniche della Sardegna. Itinerari turistico-culturali, Cagliari, AV, 2005, p. 28.  

INDIRIZZO:Via Vittorio Emanuele, 07040 Uri SS, Italia MAPPA:Array
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