Nonostante la forte presenza dell’architettura romanica in Sardegna, lo stupore per la bellezza di questo stile non cessa mai di cogliere l’animo dei viandanti che vi si imbattono, per intenzione o per puro caso.
È così che ci sentiamo al cospetto della chiesa di Santa Croce: stupiti dalla sua bellezza semplice.
Conosciuta anche come “Santa Maria del Cimitero” o “Madonna de s’Ena frisca” (della sorgente fresca), la chiesa di Santa Croce è retta dalla confraternita di Santa Croce, da cui deriva la denominazione attuale.
Notizie documentarie della “sancta Maria d’Usune” sono presenti nel “Condaghe di San Pietro di Silki” (XI-XIII secolo), ma non forniscono informazioni sulla data di edificazione, presumibilmente avvenuta in due distinti momenti tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, per rispondere alla necessità di ufficiare i riti in quell’area dove si stava estendendo l’abitato, in direzione della piazza Castello.
Della chiesa romanica originaria, realizzata in pietra calcarea, con aula mononavata e abside orientata a est, rimangono la facciata e parti dei fianchi conclusi da una cornice e da una teoria di archetti su peducci; la cornice prosegue orizzontalmente in facciata, a segnare il frontone.
Gli spioventi sono decorati con una serie di archetti stretti e allungati, a sesto acuto, presenti anche al di sotto della cornice.
Il transetto e le finestre a sesto acuto appartengono alla seconda fase edilizia.
A successivi interventi risalgono una serie di cappelle, la sagrestia e la torre campanaria.
Purezza e eleganza: ecco il ricordo che porteremo con noi della chiesa di Santa Croce.
DESCRIZIONE:
La chiesa di Santa Croce, conosciuta in Sardegna anche come “Santa Maria del Cimitero” o “Madonna de s’Ena frisca”, emana pura semplicità ed eleganza.
L’edificio potrebbe essere stato edificato in due diversi momenti, tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, per ufficiare i riti in quell’area dove si stava estendendo l’abitato verso piazza Castello.
La struttura originaria in pietra calcarea presenta una facciata con archetti a sesto acuto e decorazioni eleganti.
Successivi interventi hanno aggiunto un transetto, finestre a sesto acuto, cappelle, una sagrestia e una torre campanaria.
NARRAZIONE:
Nonostante la forte presenza dell’architettura romanica in Sardegna, lo stupore per la bellezza di questo stile non cessa mai di cogliere l’animo dei viandanti che vi si imbattono, per intenzione o per puro caso.
È così che ci sentiamo al cospetto della chiesa di Santa Croce: stupiti dalla sua bellezza semplice.
Conosciuta anche come “Santa Maria del Cimitero” o “Madonna de s’Ena frisca” (della sorgente fresca), la chiesa di Santa Croce è retta dalla confraternita di Santa Croce, da cui deriva la denominazione attuale.
Notizie documentarie della “sancta Maria d’Usune” sono presenti nel “Condaghe di San Pietro di Silki” (XI-XIII secolo), ma non forniscono informazioni sulla data di edificazione, presumibilmente avvenuta in due distinti momenti tra la fine del XIII secolo e il XIV secolo, per rispondere alla necessità di ufficiare i riti in quell’area dove si stava estendendo l’abitato, in direzione della piazza Castello.
Della chiesa romanica originaria, realizzata in pietra calcarea, con aula mononavata e abside orientata a est, rimangono la facciata e parti dei fianchi conclusi da una cornice e da una teoria di archetti su peducci; la cornice prosegue orizzontalmente in facciata, a segnare il frontone.
Gli spioventi sono decorati con una serie di archetti stretti e allungati, a sesto acuto, presenti anche al di sotto della cornice.
Il transetto e le finestre a sesto acuto appartengono alla seconda fase edilizia.
A successivi interventi risalgono una serie di cappelle, la sagrestia e la torre campanaria.
Purezza e eleganza: ecco il ricordo che porteremo con noi della chiesa di Santa Croce.
BIBLIOGRAFIA:
V. Angius, “Usini”, in G. Casalis, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, XXIII, Torino, G. Maspero, 1853, p. 435;
M.C. Cannas, “Decorazioni scultoree nelle chiese cistercensi della Sardegna”, in I Cistercensi in Sardegna. Aspetti e problemi di un Ordine monastico benedettino nella Sardegna medioevale, a cura di G. Spiga, Nuoro, Amministrazione provinciale di Nuoro, 1990, pp. 250-254;
G. Sanna, Usini. Ricostruzione storico-descrittiva di un villaggio del Logudoro, Ozieri, 1992, p. 95, pp. 106-110;